Cima Re di Castello

Imponente, selvaggia montagna posta sul crinale principale del gruppo Adamello al confine tra la Lombardia (prov. di Brescia) e il Trentino. La salita più spedita al Re di Castello avviene con partenza dalla testata della Val Daone ed è il pretesto per scoprire questa bellissima valle, sconosciuta ai più. La via di salita transita presso il Lago di Campo, uno dei più spettacolari specchi d’acqua della catena posto in un incontaminato contesto alpino di raro splendore. Sino alla fine degli anni 90 l’ascensione era particolarmente suggestiva in quanto prevedeva, nel tratto sommitale, il transito sulla Vedretta di Saviore. Purtroppo il riscaldamento globale ha portato alla completa scomparsa del ghiacciaio e la salita si articola su rocce ed instabili detriti; tutto ciò nulla toglie allo spettacolare panorama di vetta.

Un percorso adatto comunque ad escursionisti esperti in quanto per gran parte si sviluppa su fondo instabile con segnavia che indicano il percorso nonostante l’assenza di un sentiero definito. Nella cresta sommitale si affrontano alcuni passaggi che raggiungono difficoltà di 1° grado superiore. Consigliamo la salita in agosto e settembre per evitare eventuali residui di neve che tendono a permanere a lungo per via dell’esposizione a nord di gran parte della via.

Dati tecnici:

Partenza presso il Lago di Malga Bissina (circa m 1800): Difficoltà: EEA (Sino al Passo di Campo: E; dal Passo di Campo all’innesto della via normale: EA con breve tratto su cengia esposta ben attrezzato con fune metallica fissa; EE nel tratto che segue fino in cima con passaggi superiori al 1° grado nel crinale sommitale) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale ed evidente sino al bivio sul sentiero 1 per la vetta; il successivo tratto è ugualmente segnalato con tracce sulle rocce e ometti di pietra non sempre facili da reperire, specie con nebbia o in presenza di frazioni innevate. Dislivello assoluto: circa m 1100. Acqua: abbondante fonte a circa 2000 metri, subito oltre il Lago di Campo.

Accesso:

Per chi proviene da meridione si raggiunge Salò, sul Lago di Garda, quindi si abbandona la sponda del lago per risalire la Val Sabbia. Guadagniamo il Lago di Idro per procedere poi lungo le Valli Giudicarie. Mantenendo la statale del Caffaro superiamo Condino e Cimego per raggiungere la deviazione per la Val Daone. Dobbiamo risalire l’intera Val Daone su strada a tratti stretta e disagevole ma comunque asfaltata e in buone condizioni. Superiamo il Lago di Malga Boazzo quindi, con un’ultima frazione più ripida, siamo al Lago artificiale di Malga Bissina dove il tratto asfaltato ha termine. Una breve frazione di strada bianca lunga 300 metri e indicata da cartelli permette di salire dal ristorante presso la diga al soprastante ampio parcheggio pubblico (circa m 1800) dove possiamo lasciare l’automobile.

Descrizione del percorso:

Procediamo oltre il parcheggio seguendo l’ampia carrareccia che si sviluppa verso oriente. Poche decine di metri e siamo ad un bivio segnalato da cartelli: ignoriamo la deviazione mantenendo la sinistra (sentiero n° 242) con indicazioni per il lago e il Passo di Campo. Per un breve tratto il sentiero perde quota tra facili balze erbose per poi traversare a mezza costa su percorso ben marcato. Da notare la visione alle spalle del lago artificiale di Malga Bissina sovrastato dall’imponente struttura del Carè Alto. Tra bosco rado procediamo senza difficoltà per poi cambiare pendenza affrontando la facile salita a destra, con alcune svolte nel folto delle conifere. In ore 0,40 dalla partenza usciamo definitivamente dal bosco per ammirare la grande conca che ospita il bellissimo Lago di Campo (m 1944), chiusa ad occidente dal crinale principale con la cima del Re di Castello sulla sinistra e il Passo di Campo come punto più basso dello spartiacque. La nostra avventura prevede proprio il raggiungimento di questa marcata sella, ma prima di intraprendere la salita il percorso cala di qualche metro indugiando presso lo specchio d’acqua. Con una lunghezza di 600 metri e una larghezza di 270 è un bacino tutt’altro che irrilevante, ma a parte le dimensioni siamo colpiti dalla straordinaria limpidezza delle acque che, come uno specchio, riflettono le cime circostanti. In ambiente aperto e luminoso passiamo presso i ruderi di una vecchia costruzione ormai distrutta quindi muoviamo in direzione del pendio in parte boscato di fronte a noi lasciando di Lago di Campo alle nostre spalle. Un’abbondante sorgente alla base d’un costone (circa m 2000), permette l’unico approvvigionamento d’acqua dell’escursione, quindi possiamo procedere aggirando in salita verso destra una marcata prominenza rocciosa.

Il panorama alle spalle sul sottostante lago è uno dei motivi più belli dell’intera avventura, particolarmente al pomeriggio quando la favorevole posizione del sole illumina le spettacolari colorazioni del fondale. Nel proseguo il bosco diviene sempre più rado lasciando spazio alla prateria d’altitudine con bella visione delle circostanti montagne. In moderata pendenza assecondiamo le facili ondulazioni prative con un unico breve tratto a fondo ghiaioso più instabile che comunque non ostacola in alcun modo il nostro cammino. Il sentiero volge parzialmente a sinistra guadagnando una spalla dalla quale, con una breve digressione in discesa di pochi metri, si raggiunge un pulpito panoramico affacciato ancora una volta sul bellissimo Lago di Campo. E’ una brevissima deviazione molto consigliabile in quanto concede una notevole visione d’insieme della sottostante conca. Il panorama si allarga più in lontananza alla sinistra orografica della Val Daone scorgendo il distante Lago di Copidello. L’ultimo tratto di sentiero transita per verdeggianti prati, quindi obliqua a destra sino a raggiungere facilmente il marcato Passo di Campo (m 2288 – ore 1,30 dalla partenza) al confine tra Lombardia (provincia di Brescia) e Trentino.

Siamo ad un importante crocevia di sentieri: ignoriamo il tracciato che procede dapprima in falso piano per poi divallare nella Val Ghilarda (versante lombardo) in direzione del sottostante bacino artificiale d’Arno. In coincidenza del passo incrociamo inoltre il “Sentiero Adamello” (segnavia n°1) che decidiamo di seguire verso sinistra. Questa prima frazione si sviluppa quasi pianeggiante, mantenendosi appena a destra del crinaletto che ci sovrasta; d’altra parte l’intero proseguo dell’ascensione resterà poco a destra dello spartiacque permanendo sul versante bresciano. Da ricordare che questo settore fu sconvolto dalla prima guerra mondiale in quanto il confine tra Lombardia e Trentino divideva all’epoca il Regno d’Italia dall’Impero Austro Ungarico; noterete numerose gallerie artificiali e trincee sulle rocce che sovrastano il sentiero, mute testimoni dell’assurdo conflitto che sconvolse queste cime.

Nel proseguo il sentiero raggiunge una scoscesa fascia rocciosa. Non essendo possibile superarla direttamente perdiamo quota in una breve scarpata su percorso visibilmente artefatto per poi traversare su cengia con lisce rocce granitiche assicurate con funi metalliche fisse. Le attrezzature permettono di superare questo breve passaggio esposto di pochi metri al di là del quale il sentiero prosegue senza ulteriori difficoltà. Da notare come verso occidente si aprano nuovi orizzonti; nelle giornate più terse non sarà difficile scorgere il Monte Disgrazia e soprattutto il massiccio del Bernina, primo “4000” delle Alpi guardando verso ovest.

Il sentiero procede in moderata salita con la vegetazione che lascia spazio, complice la quota e l’esposizione settentrionale, ad un caotico ammasso di rocce e detriti. Davanti a noi notiamo l’ampio pendio roccioso che nel secolo scorso era occupato dalla Vedretta di Saviore e sul quale si articolerà la nostra via di salita. Poco oltre siamo infatti ad un importante bivio: abbandoniamo il segnavia n°1 che procede traversando verso destra in direzione del Rifugio Maria e Franco per seguire le indicazioni presenti sulle rocce per la cima del Re di Castello. Il percorso sale, come anticipato, sull’ampio ed immenso pendio detritico: per un centinaio di metri siamo agevolati nella progressione dalla presenza di un sentiero militare ben costruito ad arte con rocce granitiche, tuttavia l’esistenza di questa facile frazione è del tutto illusoria. Subito oltre il tracciato si perde tra i detriti ed in pratica termina il percorso su sentiero adatto ad ogni escursionista. Il proseguo, sebbene senza difficoltà tecniche, è riservato ad escursionisti esperti in grado di muoversi su terreno infido e talvolta scivoloso. La giusta direzione è indicata dai segnavia tracciati sulle rocce e da alcuni ometti.

Grossi problemi si hanno tuttavia in presenza di nebbia e maltempo; in questo caso è bene non avventurarsi sulle pietraie del Re di Castello per il forte rischio di perdersi nell’immenso ed uniforme pendio sommitale. Prestando attenzione a reperire i segnavia, a tratti un po’ distanti tra loro, si guadagna quota su fondo ripidoe disagevole. La via di salita resta sempre ad una certa distanza dal selvaggio crinale alla nostra sinistra noto come Sega d’Arno mantenendosi così al riparo da eventuali cadute di pietre dall’alto; l’ascensione si articola comunque parallelamente alla cresta che appare caratterizzata da una lunga sequenza di irti e appuntiti picchi rocciosi. Salendo di quota, al di là della Sega d’Arno compaiono, all’orizzonte nordorientale, le cime della Lobbia mentre a settentrione compare la grandiosa vetta dell’Adamello. Nel tratto superiore della salita il panorama sulla parte centrale del gruppo dell’Adamello si completa con la comparsa del Carè Alto mentre a sudovest compare, a breve distanza, la sommità rocciosa del Monte Frisozzo. Verso occidente la vista è aperta ed estesa alla lontana Val Camonica. L’uniformità del pendio tradisce in maniera chiara la presenza, alcuni decenni fa, della Vedretta di Saviore oggi del tutto scomparsa. Nonostante ciò, l’esposizione verso nord fa sì che la neve tenda comunque a persistere nel settore superiore fino a luglio rendendo preferibile eseguire l’ascensione ad estate inoltrata.

Circa un centinaio di metri sotto la verticale del punto più alto, il nostro percorso, si unisce a quello che proviene dal Rifugio Maria e Franco e che notiamo arrivare da destra. L’ultimo ripido tratto è comune ad entrambe le vie. Purtroppo nel breve tratto rimanente i segnavia divengono frammentari e nonostante il punto più alto sia già in vista affrontiamo le maggiori difficoltà della salita. Il fondo, fin qui caratterizzato da detriti fini e facili roccette, lascia ora spazio ad un caotico accatastamento di ciclopici massi granitici. Con l’uso delle mani e prestando molta cautela ai numerosi salti e agli angusti spacchi presenti tra un masso e l’altro, si volge progressivamente verso sinistra in direzione della vetta. Si aprono quindi due possibilità; la prima consiste nell’aggirare il tratto più caotico sottopassando il pendio roccioso fino a portarsi sotto la verticale della cima; quest’ultima dev’essere poi raggiunta rimontando un fastidioso e ripidissimo canale caratterizzato da ghiaie molto instabili.

La seconda possibilità richiede la risalita fin quasi sul crinale dei massi con alcuni salti che raggiungono il 1° grado superiore di difficoltà. E’ bene restare alcuni metri sotto cresta evitando di raggiungere troppo presto il crinale in questo tratto molto esposto e dirupato. Un utile riferimento per entrambe le possibilità è dato dai ruderi di una vecchia costruzione semidistrutta edificata durante la grande guerra e posizionata appena sotto il punto più elevato. Raggiunti con cautela i resti dell’edificio si sale in cima con un ultimo tratto comune ad entrambe le possibilità. Si avanza in pieno crinale fra lastre di granito prestando ancora una volta attenzione all’esposizione fino a guadagnare la sommità (m 2895 – libro di vetta – ore 2,10 dal Passo di Campo – ore 3,40 complessive).

Il panorama di vetta è di straordinaria vastità, esteso verso nord all’intero settore centrale dell’Adamello con bella vista sulla cima principale del gruppo, sul Mandrone e sulla Lobbia. Splendido si apre il paesaggio verso il Lago di Malga Bissina e sull’elegante sagoma del Carè Alto a sovrastarne le acque; notiamo inoltre un piccolo settore del Lago di Campo.

Spostandoci ad oriente scorgiamo il solco della Val Daone e una piccola parte del Lago di Malga Boazzo mentre a meridione osserviamo il settore meridionale del Gruppo Adamello: non vi sono i grandi ghiacciai che caratterizzano la parte centrale del gruppo, ma sono comunque presenti molte cime rocciose comprese tra i 2500 e i 2900 metri prime fra tutte il Cornone di Blumone, il Laione e il Monte Listino.

Il panorama si completa ad occidente estendendosi, nei giorni più tersi, fino ai lontani ghiacciai del Bernina e delle Alpi Centrali.

Il rientro avviene a ritroso prestando particolare attenzione al settore sommitale dove il percorso appare più impegnativo per via dell’esposizione e dei passaggi su roccia (ore 6,30 complessive fra andata e ritorno).